Il “referendum trivelle”. Domenica 17 aprile dalle 7:00 alle 23.00 si vota il referendum per fermare le trivellazioni petrolifere in mare care al governo Renzi. Ben 9 regioni – Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto – hanno promosso l’iniziativa referendaria per le gravi conseguenze e per i rischi che – già da ora – la ricerca e l’estrazione del petrolio comportano per l’ambiente, per la salute di persone e animali, per il turismo.
Per una politica energetica verde e sostenibile. Tali rischi non sono giustificati da nessun vantaggio, né lo potrebbero, poiché, come sostengono gli esperti, il petrolio presente nei giacimenti del nostro Paese è ben poco e di scarsa qualità. Nonostante questo, il governo insiste nella sua scelta: quella di una politica energetica vecchia e in assoluto contrasto con il progressivo abbandono dei combustibili fossili deciso nel corso del vertice sul clima svoltosi a fine 2015 a Parigi. In tale occasione, i 195 Paesi partecipanti si sono impegnati ad abbracciare le energie alternative per fermare lo stravolgimento del clima, che causa la febbre del pianeta: la prima emergenza della Terra.
Più di 160 associazioni per il Sì. Enpa, con numerose altre associazioni, fa parte del comitato di sostegno al referendum, perché conosce fin troppo bene il prezzo altissimo che gli animali oggi pagano a causa di una politica energetica fallimentare. Anche per l’inquinamento delle acque marine, che, come testimoniano dati del Ministero dell’Ambiente, vedono un preoccupante incremento di idrocarburi e metalli pesanti. Inoltre, gli spiaggiamenti e la morte di numerosissimi cetacei sono riconducibili al martellamento del fondo marino nella fase di ricerca dei giacimenti, mentre, come già avvenuto altrove, possibili fuoriuscite di petrolio dai pozzi e dalle condotte (tutti ricordiamo il disastro ambientale nel Golfo del Messico) farebbero strage della fauna marina. Soprattutto in un mare chiuso come l’Adriatico, sul quale lo sfruttamento di petrolio e gas naturale ha un impatto devastante; un colpo durissimo anche per l’economia basata sul turismo.
La congiura del silenzio. Il quesito referendario è soltanto uno, perché il governo ha fatto decadere gli altri 5 con modifiche di legge “last minute”; esso riguarda le concessioni petrolifere entro le 12 miglia dalle coste. Con il nostro Sì vogliamo che le concessioni di sfruttamento dei giacimenti scadano allo scadere dei contratti e non – come accade oggi– che siano prorogate nel tempo, fino all’esaurimento totale del giacimento stesso. Questo referendum è l’occasione per far sentire la voce di tutti noi e rappresenta dunque una grande occasione di democrazia. Ma c’è il rischio di non raggiungere il quorum (cioè il 50% più uno dei cittadini che hanno diritto di voto) a causa della mancanza di informazione. Dalle Tremiti al Gargano fino al Canale di Sicilia, in Italia le “trivelle” rappresentano una grave minaccia per aree meravigliose con ecosistemi unici e straordinari.