A vederla sembra un grosso ratto e forse è per questo che non riscuote troppe simpatie: la nutria (Myocastor coypus), animale alloctono originario del sud America, è stata introdotta negli anni ’60 in Italia per l’industria delle pelli e commercializzata sotto il nome di ‘castorino‘.
Quando, vent’anni più tardi, l’industria delle pellicce entrò in crisi, le aziende chiusero e liberarono in natura gli animali ancora presenti negli allevamenti, sottovalutandone però la capacità di adattamento e la velocità di proliferazione, anche perché in assenza di predatori naturali. Numerosi esemplari, quindi, scelsero come habitat ideale gli ambienti palustri caratterizzati da una rete di canali intercomunicanti, utilizzati per spostamenti e per la colonizzazione di nuove aree.
A Monza tre nutrie, una mamma con il suo piccolo e un altro esemplare, sono stati avvistati giorni fa lungo il Lambro nei pressi delle Grazie Vecchie e nelle acque del Lambretto, all’altezza di via Villa e di via Annoni facendosi notare tra i passanti e meritandosi articoli di stampa, ma sicuramente non si può parlare di invasione. Del resto, sottolinea il presidente di ENPA di Monza e Brianza Giorgio Riva, “le nutrie, animali buffi e simpatici, non sono pericolosi, sono vegetariani e nel nostro territorio non hanno mai causato danni alle colture o agli argini di fiumi e canali. Però si riproducono molto velocemente e per questo la Regione Lombardia ha emanato direttive per quella che chiamano ‘eradicazione della specie‘ (che significa in termini meno tecnici il completo sterminio), pratica che però noi non condividiamo.”
Si arruolano addirittura i trappers!
Già, la Regione Lombardia ha deciso di ricorrere alle maniere forti con un piano di eradicamento che prevede metodi cruenti di cattura e uccisione e, addirittura, in alcune zone, come annunciato da Fabio Rolfi, assessore regionale all’Agricoltura della Lombardia (lo stesso che voleva riaprire i roccoli!) intende sperimentare un progetto di contenimento ingaggiando dei trappers professionisti americani, ossia operatori di ditte specializzate, che con una grande quantità di gabbie affiancheranno i volontari in questa attività.
Questo sulla base della tristemente nota teoria degli animali “nocivi”, per aiutare gli agricoltori e le comunità locali contro i danni provocati dalle nutrie, prevedendo un investimento di 400 mila all’anno (di denaro pubblico) per l’eradicazione e il contenimento di questo animale, diventato una delle specie più demonizzate d’Italia, accusato di minare con le proprie tane gli argini dei fiumi provocando inondazioni.
Ma è davvero l’unica soluzione possibile?
Le soluzioni incruente esistono
Forse molti ignorano, o fanno finta di non sapere, che il controllo ecologico delle nutrie è possibile: a gennaio l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha dato il via libera al progetto di sterilizzazione delle nutrie che vivono nel Rio Ospo, a Muggia (TS). Il progetto prevede come step iniziale la formazione di una squadra di volontari, specializzati nella cattura degli animali. Una volta messi in sicurezza, gli esemplari di nutria saranno portati nell’ambulatorio dell’ENPA di Trieste per l’intervento di sterilizzazione. (Leggi il nostro articolo qui. Un marchio auricolare permetterà di individuare in nature gli esemplari già sterilizzati. Il progetto ha durata triennale; al termine dei tre anni i partner invieranno all’Ispra un report dettagliato sulle attività e sui risultati conseguiti.
In Lombardia il biologo Samuele Venturini (nella foto) ha avviato nel Comune di Buccinasco (MI) un progetto di “contenimento naturale” delle colonie di nutrie, nelle quali individui riproduttori sterilizzati, continuando a difendere il territorio in competizione per il cibo e gli spazi con gli individui fertili, impediscono fenomeni di immigrazione e riducono il tasso riproduttivo della colonia. Un sistema indolore, rispettoso della vita e sicuramente migliore di una cruenta soppressione.
Immagini delle nutrie: foto di repertorio
Pubblicato il 27 settembre 2019